C’è solo una parola con cui può essere definito il Mondiale in Qatar nell’immediata vigilia della manifestazione: vergogna. Sarà sicuramente uno spettacolo, sarà organizzato nel minimo dettaglio, ci stupirà per la bellezza degli stadi costruiti e delle manifestazioni di contorno, non c’è dubbio. Ma sarà tutto fumo da gettare negli occhi di un pubblico che non può non vedere quanto marcio ci sia dietro una delle kermesse calcistiche più controverse di tutti i tempi.
D’altronde, se anche Joseph Blatter, il colpevole di questo scempio, in questi giorni ha ammesso che dare la competizione al Qatar è stato un errore (ma solo perché è, a suo dire, un piccolo Paese), vuol dire che stiamo davvero raschiando il fondo.
Se la corruzione che ha contraddistinto il processo di assegnazione ormai è in archivio da anni, se anche lo sfruttamento dei lavoratori immigrati, con tanto di morti sul lavoro per costruire le splendide cattedrali nel deserto, sembra ormai essere stato dimenticato, a ricordare quanto sia difficile vivere con il cuore leggero questa manifestazione è stato Khalid Salman, ex calciatore e ambasciatore dei Mondiali.
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In un’intervista rilasciata all’emittente televisiva tedesca ZDF, Khalid si è infatti lasciato andare a dichiarazioni che sono ordinarie e chiarissime nel mondo e nella cultura qatariota, Paese che non brilla per il rispetto dei diritti civili e umani, ma che sono apparse come un vero boomerang alle orecchie del resto del mondo.
Sappiamo benissimo che una delle più grandi preoccupazioni per il Qatar in vista di questi Mondiali è la possibile partecipazione in massa di tifosi, appassionati o anche calciatori di chiara ed evidente tendenza omosessuale. Da quelle parti, infatti, essere gay non solo non è accettato, ma è considerato una vera malattia. Medioevo? Assolutamente no. Anche in Qatar il tempo scorre e siamo ormai arrivati al 2022. Ma certe cose sembrano legate davvero a un’altra epoca, e piuttosto buia, dell’umanità.
Senza peli sulla lingua e senza giri di parole, Salman ha quindi voluto ribadire che sanno bene che durante i Mondiali entreranno in Qatar molte cose diverse, come ad esempio i gay. Ma la cosa che più sta cuore agli organizzatori e alla classe politica qatariota è che tutti rispettino le leggi vigenti nel Paese.
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Niente baci, niente effusioni, niente dimostrazioni di omosessualità. In Qatar essere gay è considerato un “danno psichico“, e quindi il pubblico dovrà attenersi a tali regole, per non disturbare soprattutto i bambini che potrebbero essere danneggiati dalla vista di persone omosessuali.
Parole che si commentano da sole e che sembrano poter diventare la pietra tombale definitiva su un Mondiale che già da tempo sembra aver perso il senso stesso di quello che dovrebbe essere: la più grande festa popolare al mondo.
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