Torino, Belotti: “A Palermo paura della mafia, ero un centrocampista”

Torino, Belotti: “A Palermo paura della mafia, ero un centrocampista”

Andrea Belotti, attaccante del Torino, si è raccontato nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport:

«Il mio idolo è sempre stato Shevchenko. Non solo per il tipo di giocatore che per me era straordinario. L’ho sempre ammirato perché era un ragazzo che non faceva mai parlare di sé fuori dal calcio, un gran lavoratore, un professionista, dimostrava tutto sul campo e basta. È una cosa che mi ha colpito. E che ho cercato di replicare. Lavorare, più che dire.

Palermo? Mi ricordo che era d’estate e io ero alla festa di paese, mio papà cucinava alla griglia, mia mamma faceva le insalate… Mi chiamano: “Vieni al centro sportivo dell’AlbinoLeffe perché andiamo a Palermo e devi firmare”. Mamma era preoccupata, perché andavo a Palermo. Da noi bergamaschi Palermo era conosciuta solo per la mafia. Una volta è venuta giù e ha capito che c’era molto di più, che la Sicilia e i siciliani erano di più. Il Sud è una realtà magica. Il calore della gente, mi svegliavo e vedevo il mare. A Palermo ero felice, mangiavo bene, c’è caldo, sole. Come essere sempre in estate».

Chi è stato il primo allenatore al Palermo?

«Gattuso. Ma non l’ho vissuto tantissimo perché sono arrivato alla fine del mercato e quindi non avevo fatto il ritiro. Poi ero andato in Nazionale due settimane. Quando sono arrivato io il campionato era già iniziato e ho fatto quattro settimane con lui. Non più di tanto, il tempo di conoscerlo. Lui è stato esonerato dopo Bari-Palermo e proprio in quella partita mi fece esordire. Però per me è stata un’emozione perché, essendo io tifoso del Milan da piccolo, avere come allenatore un giocatore rossonero, per il quale avevo tifato, era qualcosa di magico. Poi è arrivato Iachini e abbiamo iniziato a vincere». L’attacco non era malissimo… «Io penso che sia stato uno degli attacchi più forti di sempre del Palermo. C’erano Dybala, Vazquez, io, Hernandez e Lafferty. Lafferty aveva fatto tredici gol, Hernandez diciassette, diciotto, io dieci, Vazquez otto e Dybala cinque o sei».

Faceva collezione di figurine? «Sì, le Panini. Ogni domenica mia mamma mi dava 5 euro e io ne compravo subito all’edicola 5 pacchetti. L’ho sempre fatta e non le nego che anche adesso, quando l’Assocalciatori ci regala l’album, io lo apro e le figurine le attacco, come facevo con mio fratello».

Chi le ha cambiato il ruolo?

«Prima ero centrocampista, poi quando sono andato ai Giovanissimi l’allenatore mi ha messo esterno del 4­4­2 .Quando sono andato in Primavera, nell’AlbinoLeffe, c’era un solo attaccante e dovendo trovarne uno in più l’allenatore ha adattato me in quel ruolo». E quindi nella Primavera dell’AlbinoLeffe la mettono a fare l’attaccante. «Sì, l’allenatore Alessio Pala».

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