Quagliarella racconta: “Andava tutto bene, poi mi chiamò De Laurentiis e…”

“Dentro l’inferno dello stalking di Fabio Quagliarella”. Questo il titolo del lunghissimo reportage realizzato da Bleacher Report sull’attaccante stabiese della Sampdoria, che ha ricostruito nei dettagli l’ormai ben nota vicenda che ha coinvolto Quagliarella durante i suoi anni al Napoli. L’intervista prevede anche un piccolo excursus sull’inizio della carriera a Napoli, a cominciare dalla firma, arrivata nel luglio 2009, con un accordo quinquiennale: “Sapevo dell’importanza che avevo per la città in quanto napoletano. I tifosi del Napoli erano dalla mia parte, sapevo che quando scendevo in campo con me non c’era solo lo stadio, ma una città intera. Ho realizzato il sogno di tanti tifosi napoletani, giocare con la maglia azzurra. E’ la squadra della mia città, è come se un tifoso fosse sceso dalla Curva per segnare un gol per la sua squadra. Era una sensazione incredibile”.

L’inferno dello stalking

“La mia testa era da qualche altra parte” ammette. “Non ero più concentrato su quello che stavo facendo come avrei dovuto fare, ero sempre preoccupato di essere in pericolo, ero spaventato, uscivo di casa raramente e quando lo facevo mi guardavo le spalle per vedere se qualcuno mi stava seguendo. Non ero più sereno, non era solo un problema di una settimana o due, è continuato per mesi… E’ una cosa che ti consuma, ti porta giù”.

Il rapporto con De Laurentiis

Quagliarella ricorda anche il suo rapporto con De Laurentiis e di come i due fossero molto in contatto. Finché un giorno De Laurentiis lo ha chiamato e gli ha chiesto di vivere più vicino allo stadio, perché “sarebbe stato più tranquillo e concentrato sul gioco”. Perché quel suggerimento? Quagliarella prova a spiegarselo: “Anche Gennaro Iezzo e Luigi Vitale hanno vissuto nei dintorni e non sono stati invitati ad avvicinarsi allo stadio”. Potrebbe essere che De Laurentiis avesse sentito le voci della pedofilia? Oppure sui cammorristi? Le accuse di fissaggio del gioco?”

L’addio al Napoli

Finché non è stato costretto a lasciare il Napoli: “Per i tifosi, sono passato da essere idolo a traditore. Le persone non mi hanno amato più. Mi hanno detto che le persone hanno perfino bruciato le mie magliette – ricorda Quagliarella – Mentalmente, ero spaventato, per questo non ho usato i social media, perché avevo paura di tutto. Non ho raccontato nulla, ma la mia testa stava pensando alla mia famiglia a Napoli, mi chiedevo cosa gli sarebbe accaduto. Avevo lasciato la città, ma la gente non sapeva perché. È stato un massacro a Napoli dopo che sono partito”.

Insomma, talvolta l’amore per il calcio può trasformarsi in qualcosa di veramente pericoloso. Quagliarella ha raccontato in lacrime la sua vicenda alle Iene ed è arrivato anche il ricongiungimento con la piazza napoletana. Tuttavia, resta lo spavento, il periodo buio. Quello non lo potrà cancellare mai più più nessuno.

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