Buffon da Costanzo: “Non voglio diventare un peso per la mia squadra. Ringrazio Alena per ciò che ha fatto per me”

Gianluigi Buffon ha affrontato questa sera Maurizio Costanzo. Nel programma L’intervista, il portiere della Nazionale si è trovato a dover fronteggiare un avversario molto ostico. Maurizio Costanzo, infatti, è uno che riesce meglio di tutti a mettere a nudo le personalità più note ed amate dal pubblico. A 40 anni suonati, il portiere ne ha viste e parate di tutti i colori e non vuole ancora dire basta: il capitano bianconero è fresco come un fiore e non ha ancora deciso di appendere gli scarpini al chiodo. Durante la trasmissione, andata in onda alle 23.35, Gigi ha rivelato tutti i suoi segreti più intimi.

L’intervista

Il primo filmato si intitola “Italia, perdonami”. Ci sono immagini molto forti, come quelle del Mondiale del 2006: Gigi ha sin da subito gli occhi lucidi. “Un bel riassunto con apici emozionali enormi. Devo dire che la gioia del Mondiale è ormai lontana 12 anni. La delusione per la non qualificazione all’ultimo Mondiale è ancora fresca. Sono stati giorni molto difficili. Sono uno molto emotivo, devo essere così perché la vita va vissuta in questo modo se vuoi giocarla da protagonista. Il flop di questi ultimi anni della Nazionale è dipeso dai noi calciatori che non siamo riusciti a darci un cambio generazionale. E poi, credo sia dipeso anche dalla dirigenza. Per dirigenza intendo le scelte: dall’allenatore al settore giovanile. Ho chiesto scusa a tutti i bambini perché nel ’92 l’Italia non si qualificò agli Europei, io ero piccolo e sapere che la mia Nazionale non c’era, non aveva senso, mi faceva stare male. Ricordo Italia-Germania, sono emozioni ancora vivide. Situazioni di vita che non si potranno mai cancellare. Credo che da sportivo sia stato il momento più felice che un giocatore possa vivere”.

“Con Totti abbiamo costruito quella vittoria superando alcune difficoltà di gruppo ed individuali. Avevamo affrontato certe situazioni sui generis rispetto a quella che era la verità. Lippi, l’allenatore, ci conosceva perfettamente. Quella era una Nazionale di tanti campioni.

Totti e quel cucchiaio

Quando Totti fece il cucchiaio io non c’ero perché ero infortunato. Lo disse a Di Biagio: ci voleva quel mix di follia e classe che aveva Francesco. Volevo chiudere con il Mondiale perché era una bella occasione, perfetta. Purtroppo, non è andata così. Penso anche che a 40 anni debba fare determinate dichiarazioni. E’ giusto fare un passo indietro. Non vorrei mai diventare un peso per la mia squadra. Non lo devo dire io se sono un peso, ma gli altri. Il nuovo Buffon può essere Donnarumma, ma poi ci sono anche altri ragazzi che sono partiti un po’ dopo di lui ma che sono in gamba”.

Lei è un mito? “Non mi reputo tale. Penso di essere un ragazzo normale. Quella del mito è una situazione in cui mi sentirei in disagio. Da mito non avrei la possibilità di avere quelle reazioni che ho spesso e volentieri”.

“Sin da piccolo avevo le idee chiare: volevo fare il calciatore. Tutta la mia famiglia è appassionata di sport. Siamo una polisportiva. Di mio padre e di mia madre ricordo il fisico. Mio padre aveva un petto erculeo. Anche mia madre era veramente grande. Siamo una famiglia molto unita. Abbiamo tutti preso una strada d’emancipazione e libertà unica. Una famiglia che si è divisa, ma che incarna ancora i valori e tiene molto ai legami”. 

“Il portiere ha più tempo rispetto agli altri di pensare e di portare la testa in posti meno tranquilli. Il portiere è spesso e volentieri solo, ma questa è una cosa che non mi dispiace”.

Per quale squadra tifava da piccolo?

“Mi sono affezionato a Trapattoni. Andò all’Inter e mi affezionai all’Inter. Poi, diventai più grandicello e tifavo Genoa. In più, per altre realtà piccoline che volevo realizzassero il loro sogno”. 

Che volevi fare da grande? “Nei temi a scuola scrivevo che volevo fare il professore di educazione fisica”.

Ci torna a casa a Carrara? “Poco, ma molto volentieri. I miei genitori hanno due sguardi diametralmente opposti. Mia madre crea subito empatia, ci socializzi in un attimo. Mio padre sembra burbero e scontroso. Ma se ci entri in confidenza e ti vuol bene, ti dà l’anima”. 

Che ricordo ha dell’avvocato Agnelli?

“Lo incontrai la prima volta dopo 20 giorni dall’arrivo a Torino. Ci convocò: eravamo io, Thuram e Nedved. Chiese a Thuram informazioni su Milingo”.

Ha mai pensato di andar via dalla Juventus? “Sì, è capitato quando non mi riconoscevo più nei valori e i modi d’esprimere l’essere juventino. Invece, anche in quei momenti, il destino ha sempre voluto si ricomponesse tutto, per mia fortuna”.

Calciopoli – “Non mi ha fatto male. Mi ha fatto malissimo. Sono stato infangato per ben due volte. Puoi dirmi qualsiasi cosa, ma se dici che io non sono una cosa leale, allora non mi va bene. Nessuno ha mai spezzato una lancia in mio favore. Nessuno disse mai che, conoscendomi, non poteva pensare una cosa simile. In tanti hanno taciuto”.

Alena Seredova

Ci siamo conosciuti al compleanno di Bobo Vieri e poi abbiamo cominciato a frequentarci. Vedo spesso i miei figli, più o meno due giorni a settimana. Mi vengono a vedere allo stadio. Vengono anche con Alena. E’ una persona che ringrazierò perché con lei ho passato 10 anni veramente belli. Poi, abbiamo fatto due figli stupendi, molto educati e di questo gran parte del merito va a lei. C’è un dare e un avere. Ho ricevuto tanto e penso di aver dato tanto. Non mi piace parlare di certe cose familiare”. 

 

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